di Enzo Distinto
spazio LAB.oratorio
MOSTRE PASSATE
“Wall Water”, la mostra di Enzo Distinto, a cura di Valentina Apicerni, presso lo spazio Lab.Oratorio, il project space della Fondazione Made in Cloister dedicato alla ricerca, alla sperimentazione e all’esposizione della scena artistica contemporanea.
“Wall Water” è la traccia di due fiumi che si intersecano, il Sebeto, il fiume segreto di Napoli che nascendo dal Monte Somma attraversava la città riversandosi nel Mediterraneo, e il Nilo. I fiumi sono rappresentati come due muri di acqua che si innalzano verso l’alto, costituendo una superficie liquida con delle colorazioni graduali che virano dal verde al giallo, simboleggiando l’incontro tra civiltà diverse, unificate da un elemento comune che segna la scomparsa utopica dei confini politici tra Paesi e permette di visualizzare la Terra come un unico grande continente, attraversabile liberamente da tutti.
La ricerca artistica di Enzo Distinto parte dalla cartografia, dallo studio di mappe geografiche ed idrografiche su cui lavora con ritagli e composizioni scultoree dando nuove configurazioni a città e frontiere. Questa sovrapposizione di reale —territori esistenti— e immaginario —territori possibili— si riflette anche nella stratificazione dei piani di lettura: sono spazi mentali e non geografici.
Nelle sue tracce del Sebeto e del Nilo confluiscono storia e leggenda, luoghi e non-luoghi, la dimensioni geopolitica e sacra, memoria e attualità. Perché sono le tracce simboliche di due divinità fluviali e due continenti, dell’antico dialogo interculturale tra popoli e della loro mobilità attraverso il Mediterraneo: qui le barriere sono solo un muro d’acqua.
“Enzo incorpora tutti questi aspetti in una installazione di arte povera ricchissima, fatta di scarti di marmo, barre di acciaio e acqua. Ciò che era già un passaggio bloccato ora è ancora più bloccato, così che ogni movimento deve essere cosciente. Ognuno è obbligato ad avere una propria esperienza degli scarti di pietra. Ognuno deve negoziare con le vecchie pareti […] È il genere di mostra che fa venire voglia di sperimentarla in sé stessa, e ognuno è ricompensato dall’impossibilità di farlo” Jimmie Durham
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